Una delle più grandi incertezze che affronta chi inizia a muovere i primi passi verso la scoperta della dieta chetogenica, è la precisa identificazione degli alimenti adatti e quelli da cui tenersi assolutamente alla larga. All’incertezza, si aggiunge spesso il timore costante di vanificare i progressi raggiunti, o di non riuscire ad entrare in chetosi, qualora venissero introdotti involontariamente degli alimenti vietati, dei quali non si era a conoscenza.
Quali sono i cibi da escludere in maniera categorica in una dieta chetogenica?
C'è una buona e una cattiva notizia (anche se in realtà, è una seconda notizia buona). Iniziamo con quella buona.
Nei regimi chetogenici non sono previste esclusioni alimentari applicate sulla base di una lista di alimenti da considerare come categoricamente vietati, al punto tale da non poter essere consumati neppure in piccolissime quantità.
Se lo scopo di una dieta chetogenica è il raggiungimento e la stabilizzazione ad uno stato di chetosi alimentare, potremmo rispondere molto semplicemente che è possibile mangiare tutto ciò che consente di raggiungere quest’obiettivo. Ma è convinzione comune che alcuni alimenti abbiano il potere di spegnere di colpo la chetosi.
No, questo non significa comunque che sia possibile mangiare qualsiasi cosa e no, purtroppo è estremamente improbabile che vi venga prescritto un piatto di bucatini all'amatriciana in un piano alimentare chetogenico, anche se la pasta, di fatto poi, non risulta esclusa come qualsiasi altro alimento.
Ciò che è fondamentale comprendere è che il motivo per il quale alimenti prevalentemente glucidici come la pasta vengono esclusi, non risiede nel fatto di appartenere alla categoria dei legumi, dei cereali o dei frutti, e quindi facente parte in una fantomatica categoria di alimenti assolutamente proibiti in un regime chetogenico.
Il vero motivo risiede nel fatto che, dovendo contenere quanto più possibile l’apporto giornaliero dei carboidrati, un alimento che ne contiene molti, come per l’appunto la pasta, trova difficile collocazione in un regime chetogenico, risultando estremamente svantaggioso.
A questo punto, qualcuno potrebbe pensare:
"Beh, e quindi dove sta la differenza? Indipendentemente dal motivo nello specifico, non posso comunque mangiare la pasta nella mia dieta chetogenica! Cosa cambia?".
In realtà, la comprensione di questa sostanziale differenza, cambia completamente le carte in tavola e l’intero approccio ad una dieta chetogenica, poiché consente una varietà di cibi maggiore incrementando, di conseguenza, la sostenibilità di un percorso alimentare a lungo termine e le chance di successo della terapia dietetica. Mantenendo al contempo integri i principi, e i benefici, di questo stile alimentare.
Nella letteratura scientifica che tratta l'argomento, non vengono divulgate liste o piramidi con alimenti concessi ed esclusi in una alimentazione chetogenica, ma si limita a definire le diete chetogeniche come delle diete fortemente ipoglucidiche, all’interno delle quali i carboidrati giornalieri non devono superare i 50 grammi (A.Paoli et Al.), suggerendo di utilizzare la maggior parte della quota di carboidrati a disposizione per inserire abbondanti porzioni di verdure fibrose.
Dopo aver inserito un buon quantitativo di verdure e computate le tracce di carboidrati “nascosti” qua e là negli alimenti, spendere quella manciata di carboidrati rimasti a disposizione in 5 maccheroni non ha ovviamente alcun senso.
Ma se parlassimo invece di alimenti come arachidi, pomodori, carote, melanzane, soia e derivati, formaggi freschi e di tutti quegli alimenti che vengono esclusi unicamente in relazione alla loro categoria alimentare di appartenenza, così come tutti quegli alimenti con un apporto di carboidrati non molto basso, ma neppure così elevato, che potrebbero essere liberamente adoperati con le dovute accortezze?
Sono moltissimi gli alimenti esclusi dai regimi chetogenici senza alcuna motivazione valida, a causa di una mal interpretazione o della mancata conoscenza dei principi cardine di questo stile alimentare.
È estremamente semplice da parte di un professionista della nutrizione depennare alimenti a destra e a manca, secondo le più stravaganti motivazioni. Anzi, molto meglio così! meno porzioni da calcolare. Non risulta altrettanto semplice far questo, invece, per chi si trova dall’altra parte della scrivania e dovrà poi seguire un rigido piano alimentare con tutta una serie di limitazioni e restrizioni del tutto evitabili, che altro non fanno che rendere il piano frustrante, insostenibile e composto da pochi alimenti ripetitivi.
Parlavamo però anche di una cattiva notizia in merito, ovvero:
La risposta alla domanda “Cosa posso esattamente mangiare e cosa no, in una dieta chetogenica?” è molto più articolata di quanto possa sembrare e non è possibile risolverla brevemente appiccicando qui una piramide alimentare o una lista di alimenti, con la presunzione che possano andar bene tutti, indistintamente.
Se però ragioniamo sul fatto che una piena comprensione dell’argomento in questione permetterebbe di ampliare incredibilmente la rosa di alimenti a disposizione, generando un piano alimentare chetogenico estremamente più variegato, meno frustrante, monotono e decisamente più sostenibile nel lungo termine, magari anche come stile di vita?
Ecco che allora, diventa una seconda buona notizia.
Iniziamo con il chiarire alcuni punti fondamentali, per poi passare a delle indicazioni più pratiche.
La soglia glucidica giornaliera è strettamente individuale
Come abbiamo detto, il quantitativo limite di carboidrati giornalieri per un regime chetogenico è stabilito essere ad un tetto massimo di 50 grammi giornalieri.
In realtà però, questa è da intendersi solo come un’indicazione generale.
Molte persone, infatti, introducendo 50 grammi di carboidrati al giorno potrebbero non riuscire ad entrare in chetosi, pur di fatto rispettando le indicazioni. Altri invece, specialmente se sportivi, potrebbero tranquillamente spingersi oltre questa soglia, mantenendo comunque lo stato di chetosi.
La soglia glucidica quindi, intesa come quel quantitativo limite di carboidrati giornalieri, oltrepassati i quali si verifica un’uscita dallo stato di chetosi, è del tutto soggettiva.
Con il tempo è possibile ricercare la propria soglia individuale grazie all’ausilio dei test per il monitoraggio della chetosi e vari tentativi, al fine di adattare al meglio uno stile chetogenico a se stessi.
Maggiore è la propria soglia glucidica, maggiore sarà anche la possibilità di spaziare nelle scelte alimentari della propria giornata.
Non tutti quindi hanno la possibilità di mangiare gli stessi alimenti in una dieta chetogenica, rendendo pertanto impossibile determinare una selezione di alimenti che vada bene per chiunque.
La Keto Adaption (o Fat Adaption)
Si parla tanto di dieta chetogenica, ma pochissimo di Keto Adaption, o Fat adaption.
Possiamo definire la Keto Adaption (letteralmente, adattamento alla dieta chetogenica/chetosi) come il completo passaggio da un metabolismo “brucia zuccheri” ad un metabolismo “brucia grassi”.
Durante un regime chetogenico infatti, l’organismo si trova costretto a sostituire il proprio carburante. Venendo a mancare gli zuccheri nell’alimentazione, imparerà poco a poco ad adoperare i grassi, fino ad effettuare questo switch metabolico.
In condizione di keto adaption, l’organismo ha completato tutti gli adattamenti a livello ormonale ed enzimatico, utili ad una produzione e un utilizzo più efficiente dei corpi chetonici, adattamenti dai quali conseguono, inoltre, buona parte dei vantaggi relativi ad un regime chetogenico.
Mediamente, lo shift metabolico avviene in circa 3 settimane di dieta o per meglio, di chetosi, costante.
Ciò comporta la rosa di alimenti a disposizione nelle settimane di adattamento varia rispetto a quella adoperabile in caso di adattamento già avvenuto. Questo perché un organismo fat adapted (abituato, adattato, ai grassi) determina generalmente una maggior tolleranza verso i carboidrati e una preferenza nel permanere in un metabolismo lipidico.
Il Keto Ratio
Abbiamo già detto che escludere degli alimenti in base alla loro classe di appartenenza può risultare fuorviante, oltre che controproducente. Qui, aggiungiamo che è altrettanto sbagliato escluderne altri in relazione al loro apporto di carboidrati su 100 grammi, come spesso accade.
Per comprenderne a fondo il motivo, introduciamo il Keto Ratio, ovvero il Rapporto Chetogenico.
Non tutti sanno che non sono solo i carboidrati ad aver influenza nel processo di chetogenesi. Anche le proteine possiedono un parziale effetto anti-chetogenico, in quanto l’organismo è capace di convertire, all’evenienza, una parte di quest’ultime in glucosio (ovvero, zucchero). I grassi, al contrario, alimentano la fiamma della chetosi.
Volendo applicare con precisione i dettami di un regime chetogenico, non sarebbe sufficiente controllare il quantitativo di carboidrati introdotto giornalmente con la dieta, ma sarebbe necessario prendere in considerazione l’insieme dei carboidrati, delle proteine e dei grassi assunti con la dieta e con il singolo pasto, affinché la composizione di quest’ultimo fornisca degli stimoli alla produzione di corpi chetonici.
Affinché un pasto possa generare il giusto input alla chetogenesi, è necessario che rispetti un certo rapporto tra i macronutrienti.
Questo equilibrio che favorisce la chetosi, viene determinato dal valore del keto ratio del pasto. È possibile calcolare il KR utilizzando l’apposita formula, riportata in basso, alla quale si sostituiranno alla voce “grassi”, “proteine” e “carboidrati” i rispettivi grammi all'interno del pasto e della giornata alimentare, a seconda di ciò che si desidera calcolare:
Per semplicità e comodità d'uso, è possibile usufruire del calcolatore excel disponibile sul gruppo Facebook di Vita Chetogenica, gentilmente offerto da un nostro utente.
Affinché il pasto, o la giornata alimentare, possano essere definiti chetogenici, il risultato finale dev’essere pari o superiore ad 1.
Qualora risulti inferiore, è possibile incrementare il valore del KR variando l'apporto dei macronutrienti anti-chetogenici. Sarà quindi sufficiente sia ridurre i carboidrati e/o le proteine, che incrementare il quantitativo di grassi, in quanto unico macronutriente completamente pro-chetogenico.
Oltre a determinare con esattezza la "chetogenicità" della dieta, il rapporto chetogenico permette inoltre il consumo di alimenti poco keto friendly, se inseriti nel giusto contesto e nelle dovute porzioni e proporzioni, senza che interferiscano con la chetogenesi.
È comunque uno strumento da utilizzare con criterio e consapevolezza, poiché può risultare un’arma a doppio taglio.
Se da un lato permette di garantire quanto più possibile la produzione di corpi chetonici, dall’altro rappresenta un’ulteriore imposizione dietetica che può pregiudicare la sostenibilità a lungo termine del piano alimentare.
In un percorso alimentare finalizzato al dimagrimento, potrebbe addirittura risultare controproducente, specie nel caso di persone poco attive e/o con un basso dispendio energetico. Questo perché da un lato potrebbe ridurre eccessivamente l’apporto proteico della dieta, aggravando la perdita di massa magra, e dall’altro potrebbe non garantire un apporto calorico sufficientemente ridotto per promuovere il dimagrimento, a causa dell’eccessivo apporto di grassi.
Se l'obiettivo è il dimagrimento, inoltre, non è inoltre indispensabile adoperarlo costantemente.
L'obiettivo di un percorso dimagrante dovrebbe essere incentrato sul massimizzare la capacità di riuscire a seguire un’alimentazione controllata per un periodo di tempo sufficientemente lungo per raggiungere il proprio obiettivo. Oltre a questo, è anche possibile che molte persone, soprattutto se keto adapted o con molto tessuto adiposo, riescano ad entrare in chetosi pur mantenento un KR <1.
Il suo utilizzo andrebbe quindi contestualizzato e limitato ad alcuni periodi o per specifiche finalità dietetiche.
Il consiglio è di adoperarlo, possibilmente, in tutti i pasti delle prime settimane, così da favorire e velocizzare lo switch metabolico verso un metabolismo brucia grassi.
Subito dopo, sarà possibile abolirlo o utilizzarlo solo sull'intera giornata e/o in specifici pasti.
Indicazioni pratiche su cosa mangiare in chetogenica
I concetti appena esposti non vogliono complicare inutilmente un argomento che solo all’apparenza risulta semplice. L’intento è quello di evitare quanto più possibile, grazie ad una piena consapevolezza dei meccanismi alla base della dieta chetogenica e la chetosi, l’applicazione di restrizioni alimentari superflue, che altro non farebbero che aggiungersi ai non pochi vincoli già imposti da uno stile chetogenico standard, ripercuotendosi in maniera estremamente negativa sulla capacità di essere costanti nel percorso chetogenico.
Seguire una dieta con un ventaglio di alimenti a disposizione più ampio garantisce, di conseguenza, una dieta nel complesso meno restrittiva, limitante e frustrante, mantenendo intatti i benefici di uno stile alimentare chetogenico e incrementando, al contempo, le chance di proseguire nel percorso e raggiungere i propri obiettivi.
Per tracciare alcune indicazioni alimentari più pratiche da fornire, si rende quantomeno necessario differenziare le due fasi di un percorso, o anche stile di vita, per chi lo desidera, chetogenico.
Alimenti consigliati durante la fase di adattamento
Nelle prime 3-4 settimane, sarebbe opportuno limitarsi ai comunissimi alimenti chetogenici, al fine non solo di ridurre al minimo il margine di errore, ma anche di sperimentare uno stile chetogenico con alimenti così com'è, in versione "pura", per valutarne il grado di difficoltà e sostenibilità a lungo termine.
Gli alimenti consigliati in questa prima fase sono:
- Tutte le carni
- Tutti i pesci
- Uova
- Tutti i formaggi stagionati
- Tutta la frutta secca oleosa e relative farine, nelle opportune quantità
- Avocado
- Semi
- Cocco
- Cioccolato fondente > 85%
- Olive
- Tofu
- Oli di tutti i tipi
- Burri di tutti i tipi
- Verdure a foglia verde
Da limitare quanto più possibile, o eliminare completamente, latticini come yogurt, ricotta, kefir, mozzarella e fiocchi di latte e tutti gli alimenti che contengono un alto quantitativo di zuccheri, come miele, frutta, bibite zuccherate, salse e, ovviamente, lo zucchero da cucina.
In queste prime settimane, le pratiche di digiuno intermittente e il consumo di olio di cocco/MCT possono accelerare l'ingresso in chetosi.
È inoltre consigliato il calcolo del KR di ogni pasto, affinché tutti risultino pari o superiori ad 1. Le porzioni degli alimenti possono essere ricavate utilizzando un’app conta calorie come MACROS, mostrata in questo video tutorial.
Chi invece non vuole pesare e/o conteggiare gli alimenti ingeriti, dovrebbe comporre i pasti prediligendo particolarmente alimenti ricchi di grassi come uova, salmone, sgombro, carni grasse, oli, burri, semi e frutta secca.
Indicazioni alimentari una volta raggiunta la keto adaptation
Trascorse le prime tre settimane, nelle quali si avrà avuto premura di accertarsi che i livelli di chetosi siano stati stabili, è possibile introdurre tutti gli alimenti limitati nella prima fase, passando anche ad un calcolo del KR sull'intera giornata alimentare e non più sul singolo pasto.
Nel caso in cui si desideri un maggior grado di libertà e meno vincoli, è possibile abolirlo completamente, monitorando solo l'apporto giornaliero dei carboidrati.
Ricordo che se l'obiettivo è il dimagrimento, la chetosi dovrebbe essere intesa come una conseguenza della dieta che si sta seguendo piuttosto che l’obiettivo da perseguire ad ogni costo.
Nel caso in cui il livello di corpi chetonici dovesse abbassa un pò oltre la soglia minima di chetosi (<0.5 mmo/L), il processo di dimagrimento non viene ostacolato. Allo stesso tempo, lo stato di chetosi non può permettere da solo il dimagrimento se l'apporto calorico è sproporzionato.
Anche se possono influenzarsi reciprocamente, il dimagrimento e la chetosi viaggiano su due binari indipendenti.
Cosa mangiare in una Vita Chetogenica
Ottenuta la fat adaption e con l’intento di approcciarsi ad un regime chetogenico applicabile sul medio-lungo termine, o addirittura nel caso in cui si voglia iniziare una vera e propria Vita Chetogenica, si rende opportuna la ricerca di un approccio alimentare quanto più pratico, semplificato e privo di fonti di stress ed emozioni negative, orientato all'applicazione del concetto di sostenibilità alimentare nel tempo.
In caso di dieta chetogenica come stile di vita, così come intesa in Vita Chetogenica, è possibile smettere di monitorare lo stato di chetosi, che potrebbe essere fonte di ansia, stress, timore di sbagliare e di senso di oppressione. Così come è possibile ciclizzare la chetosi, alternando giornate di privazione di carboidrati a giornate di ricarica, con l'assunzione per un breve periodo di tempo di carboidrati.
Chi invece desidera perseguire lo stato di chetosi, può ricercare una maggior flessibilità applicata ad un regime chetogenico sfruttando gli appositi test, meglio se su sangue, per la misurazione della chetosi. Eseguendo diverse prove su composizione di pasti e giornate, e l'utilizzo di diverse fonti alimentari, sarà possibile ricercare la propria soglia glucidica e sapere con certezza come varia la produzione dei corpi chetonici in conseguenza ai diversi cibi e combinazioni.